"LIBERTÀ ALLA PROVA. COMMENTO TEOLOGICO ALLA LEGGENDA DEL GRANDE INQUISITORE" DI EMANUELE RIMOLI
Di che cosa la teologia è parola? E di che cosa la letteratura è parola? Detto altrimenti: la letteratura e la teologia, come le altre attività creative dell'uomo che noi comprendiamo sotto un unico termine, la cultura, di cosa parlano se non dell'uomo prima che all'uomo? Pena la loro irrilevanza [ ... ]. L'opera di Dostoevskij ha attratto pensatori, filosofi, letterati, teologi, perché essa stessa ha radici teologiche profondissime. Se l'uomo è più profondo di ciò che appare, vuoi dire che è un mistero da rivelare e da risolvere. Ora, tutta la narrativa di Dostoevskij, in consonanza con la Tradizione Cristiana Ortodossa cui apparteneva, coglie quel mistero dentro uno scavo degli abissi della coscienza umana in rapporto alla figura del Cristo, l'unico in grado di rendere ragione della sua complessità e nobiltà. In tale prospettiva La Leggenda del Grande Inquisitore illustra la possibile comprensione dell'uomo in rapporto con la figura di un Accusato, il Cristo, che non si difende mai, che rimane come fuori campo ma così presente tanto che tutto deve essere giudicato in rapporto a lui [ ... ]. Nella difesa della fede come nella lotta per l'esistenza, di per sé tutte le argomentazioni sono caduche; convincono oggi e domani non tengono più; spesso si riferiscono solo a dei modi di pensare e non alla vita di cui sono allusive. Ma ciò di cui dovrebbero parlare le nostre argomentazioni, quello è importante. E parlano del Dio Vivente? Parlano della sete del Dio Vivente? Parlano dello splendore dell'amore misericordioso che regge il mondo custodendone il segreto? Di questo la teologia è parola. Di tale parola i credenti sono debitori gli uni verso gli altri e tutti insieme verso il mondo. Perché di questa parola anche la Letteratura è allusiva. E spesso, come ne La Leggenda del Grande Inquisitore, in modo più efficace della stessa teologia. (dalla Prefazione di Elia Citterio)
Editrice Miscellanea Francescana, 2015
Emanuele Rimoli è frate minore conventuale. Docente di Antropologia Cristiana ed Escatologia presso la Pontificia Facoltà Teologica "San Bonaventura" Seraphicum in Roma. È autore di Nulla è senza voce (Cittadella, 2011); con Guglielmo Spirito ed Enzo Galli ha pubblicato Quale Cristo si cerca nel deserto? (Editrice Messaggero Padova, 2009). È redattore del mensile San Bonaventura informa.
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