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Tra penultimo e ultimo

Pubblicata il:  24 Marzo 2021



Pensare sul confine e interrogarsi sul senso, per costruire rapporti dialettici, è il primo passo del cammino di riflessione avviato, sul nostro mensile San Bonaventura informa, da fra Domenico Paoletti.

«L’essere umano è l’essere che interroga e che si interroga; la ricerca del senso della vita è strutturale alla persona e scaturisce dal costatare i suoi limiti e la sua precarietà, che questo nostro tempo evidenzia in modo speciale. La scaturigine dell’interrogarsi è l’esperienza stessa del pensiero, originante e originaria. Pensiamo alla meraviglia del bambino di fronte al volto della madre, da lui riconosciuto come fonte di vita e di amore, inizio di un continuo meravigliarsi ed interrogarsi: dalla mano che si muove al colore che si riflette nei suoi occhi, al suono delle voci che lo raggiungono … Senza questo sorriso e stupore iniziale, non è possibile [ri]conoscere il mondo e la realtà, perché manca l’esodo, l’uscire, la relazione, la dinamica dell’interrogarsi che si pone sul confine tra l’io e il tu, tra l’interno e l’esterno, tra cielo e terra.

“Solo lo stupore conosce” (Gregorio di Nissa), dalla meraviglia nasce il sapere che inizialmente è tutt’uno con l’amore, grazie a quel progressivo “allargamento del logos” a cui invitava Benedetto XVI nella lectio magistralis tenuta a Regensburg il 12 settembre 2006. La persona umana è relazionalità originaria: un sé centrato nel suo decentramento da sé, costituito nella propria identità dall’altro, da ogni altro, e specialmente da quell’assolutamente Altro che l’annuncio cristiano dichiara fattosi visibile e “prossimo” all’uomo nel volto del Cristo. Cristo rivela (dice e dona) la vita in abbondanza e la gioia piena. La fede cristiana che ci anima non è altro che “assenso al senso” cercato, e riconosciuto nel Logos fatto carne.

Il confine tra penultimo e ultimo si fonda sulla dimensione trascendente del soggetto umano e si pone in prospettiva della “questione” di Dio, che non è uno in mezzo a tanti altri interrogativi, ma la questione fondamentale. Dio non è un interrogativo astratto, perché penetra e anima le fibre della nostra interiorità umana di fronte al bello, al bene e al vero.

È vero che il progresso della scienza e della tecnica ha segnato un cambiamento inimmaginabile fino a pochi decenni fa, contribuendo a spiegare tanti fenomeni fino a raggiungere il centro della costituzione biologica e neurologica della persona umana, aiutando così a risolvere tanti problemi relativi al suo essere nel mondo. Rimane tuttavia radicalmente inevasa la domanda centrale e fondamentale: qual è l’origine, il significato, la destinazione della realtà? Ossia, più radicalmente, qual è il senso della mia vita?». (D.P.)


 
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